Forme e colori - La diafana arguzia di G. Profumo
Inatteso e intelligente il modo di appuntare riflessioni – con un senso di magica sospensione , di arguzia diafana, impalpabile quasi, eppure acuta – di Giovanni Profumo che ha tralasciato momentaneamente la pittura per il disegno, più tangibile e vicino alle circostanze significanti del reale chiamato in causa, giacché al vitalistico del reale e alle tensioni della sua dialettica la riflessione dell'artista questa volta vuol volgersi.

L'esercizio è colto, maturato sulle essenzialità simboliche dei caratteri e dei costumi, sfumato certo per quei settecenteschi capricci burleschi, annotati stenograficamente per esempio da un Hogart, ch'eran pensieri di satira direttamente ispirata dai fatti e di critica d'una situazione da affrontare per i suoi aspetti ondulati e
serpentini.

Nel discorso "pamphlettistico" di Profumo la condizione disegnativa è sostenuta inoltre dai nessi tra figura e senso, tra nessi visivi, di superficie, e nessi letterari, propri del linguaggio parlato, della metafora, della identità tra immagine e concetto che l'ispira.

Concretizzato ne vien fuori tutto il mondo dei luoghi comuni, delle parole che sfogliano i propri segni fonici e grafici in un "senso" o in un "nonsenso" che è spesso significativo e provocatorio. Scorre così per i suoi fogli nitidi e sornionamente ferini (sono esposti presso la galleria Il Fanale in vico del Fieno) – una sorta di cronaca sottile, ripiegata sui "vizi" contemporanei, che si trasforma, amara, in una constatazione di un mondo ipocrita, nevrotico, complessato.

La breve scheda deve inoltre tener conto della puntualità tecnica dello scavo, dell'attenzione assorta con cui il segno ferma a mezz'aria il concetto, l'impalpabile, a volte, dell'idea, lo scavo profondo prodotto da un graffio elegante. Di quell'eleganza con cui la "cultura" genovese ha sempre rivestito i propri "mocchetti".

 

Germano Beringheli,
Il Lavoro, Mercoledì 27 aprile 1977

 
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